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I 10 migliori giochi Made in Italy: MirrorMoon EP [Episodio 10]

I 10 migliori giochi Made in Italy: MirrorMoon EP [Episodio 10]
Marco Albano

Marco Albano

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La serie dedicata ai migliori giochi Made in Italy giunge al termine. Per chiudere alla grande abbiamo scelto MirrorMoon EP, un gioco realizzato da Pietro Righi Riva e Nicolò Tedeschi. Entrambi formano il team Santa Ragione. Se ami un certo tipo di videogiochi il loro nome ti risulterà familiare. Al duo si aggiunge la collaborazione affiatata di Paolo Tajé.

MirrorMoon EP è un puzzle game originale in quanto a gameplay, stile e concetto. Il giocatore è chiamato a decifrare gli enigmi presenti nei pianeti dell’universo minimalista e colorato ideato da Santa Ragione.

Accendi il radar dell’astronave, inserisci il floppy e attiva i motori. MirrorMoon EP è un viaggio lunghissimo nel futuro, un’esplorazione dell’universo differente che ti lascerà senza fiato e con tante domande.

Un nuovo modo di esplorare lo spazio

L’universo è un posto meraviglioso. Da sempre alimenta la voglia di conoscenza dell’uomo e lo spinge verso l’esplorazione dell’ignoto. Un desiderio che mette alla prova le ambizioni dell’umanità fin dagli albori della nostra storia.

Nei giochi di fantascienza, però, non c’è sempre posto per la scoperta. Nella maggior parte dei videogame l’universo si converte in una mappa piena di pianeti da conquistare, arene gigantesche popolate di creature da far saltare in aria.

MirrorMoon EP è un FPS che non ti chiede di sterminare gli alieni. Nel gioco affronti un lungo viaggio meditativo verso l’ignoto. Attraverserai le costellazioni e le galassie più remote dell’universo.

Ognuna di loro è composta da tantissimi pianeti e ogni corpo celeste è assolutamente unico. La tua missione è esplorare qualcosa di sconosciuto in un processo che inizia nel cosmo ma si sviluppa dentro l’anima del giocatore, fino a smuoverne pensieri e sentimenti.

Ogni pianeta è una storia

MirrorMoon EP non è il tipico gioco che ti aiuta costantemente. Non ci sono tutorial, guide e spiegazioni. Il gameplay del gioco non è neanche intuitivo se vogliamo dirla tutta. Il gioco inizia con la plancia dell’astronave che si illumina nel buio.

La cabina di comando è graficamente studiata nei minimi dettagli. Ogni cosa è al suo posto. Ci sono tantissime leve e comandi che conferiscono una sensazione di tangibilità al viaggio e alla macchina.

Dopo un po’ di prove con i pulsanti riuscirai a partire alla volta del primo pianeta. Il viaggio può essere lungo ma le lunghe attese fanno parte del gioco e alimentano la voglia di scoperta.

[…] il contributo richiesto al giocatore è grande, sia in termini di interazione e desiderio di comprendere l’interazione, sia in termini di storia e di dare un’interpretazione al mondo di MMEP.

Una volta atterrato noterai che nel cielo galleggiano altri pianeti e satelliti. L’arma che impugni è l’oggetto che separa te dalla soluzione dell’enigma. Questa sorta di fucile può lanciare raggi da usare come segnali di posizionamento e può addirittura spostare l’intero pianeta.

Santa Ragione riesce a creare un puzzle originale in cui vengono coinvolti contemporaneamente l’intero ambiente di gioco e l’abilità del giocatore che interagiscono in una maniera nuova.

È particolarmente difficile creare un’interfaccia di gioco che sia abbastanza aliena da risultare straniante, ma allo stesso tempo in grado di generare delle sequenze memorabili così che, una volta scoperte, si fissino nella mente del giocatore.

Ad ogni azione corrisponde una reazione che altera il paesaggio circostante e, una volta trovata la chiave di lettura giusta, riuscirai a risolvere l’enigma che blocca il pianeta, sbloccando gli artefatti.

Le dinamiche tecniche non sbloccano nulla a livello narrativo, in effetti non è chiaro il motivo del viaggio. Alla guida di questa crociata intergalattica c’è il fascino della scoperta, è il vero motore che ti guida nella discesa sui diversi pianeti e il gusto del mistero è difficile da saziare.

Minimalismo, arte, cinema e i suoni giusti

MirrorMoon EP è un prodotto che incontrerai raramente nel mercato del gaming. Nel gioco convergono una serie di idee, citazioni e scelte estetiche di qualità. Partiamo dalla grafica del gioco realizzata in collaborazione con Gabriele Brombin. Il gioco non avrebbe avuto la stessa atmosfera senza un appropriato sviluppo estetico delle ambientazioni.

Giocare a MirrorMoon EP è anche un’esperienza cinematografica e un’occasione per rivivere certe scene scolpite nella memoria dei fan dei film di fantascienza. La plancia dell’astronave con la serie di dati indecifrabile che scorrono negli schermi ricorda Alien. La sensazione alienante che percorre tutto il gioco evoca lo spirito di 2001: Odissea nello Spazio.

Anche il comparto audio del gioco è di altissimo livello. I suoni realizzati da Michael Manning rendono le macchine e le azioni vive, mentre la colonna sonora conferisce a ogni pianeta un suono unico.

Michael ha fatto un gran lavoro, specialmente nel dare “fisicità” all’interfaccia, campionando suoni da componenti meccaniche reali che ha cercato e selezionato per le varie componenti.

Il bello del gioco è proprio questo: ti lascia evocare i ricordi e le sensazioni che preferisci mentre ti perdi tra i colori accesi del paesaggio minimalista. Uno scenario che il giocatore completa con la propria fantasia.

Leggi l’intervista completa a Santa Ragione

Softonic: Santa Ragione è uno dei team più apprezzati in Italia e all’estero. Prima di iniziare a parlare di MMEP ci piacerebbe saperne di più del vostro team. Potete parlarci di Santa Ragione?

Pietro: Grazie per il complimento! “Uno dei team più apprezzati” è un’esagerazione, sicuramente ci siamo fatti notare con un paio di titoli non tradizionali, e poi anche grazie alla voglia di andare di persona alle varie fiere ed eventi del giro.

Siamo sostanzialmente in 2 + 1, i due siamo io e Nicolò, il +1 è il leggendario Paolo Tajé, che ufficialmente non fa parte di Santa Ragione ma che in pratica è il nostro lead programmer oltre che co-autore di MMEP. Stiamo a Milano di solito, ma il 50% del tempo siamo in giro da qualche parte.

Softonic: MMEP è nato in poche ore durante la Global Game Jam e non si è aggiudicato l’Indipendent Game Festival per poco. Come è nata l’idea del gioco? È una domanda che di sicuro vi hanno proposto più volte. Se fosse possibile vorrei che mi raccontaste la genesi dell’idea (chi l’ha proposta, come vi siete coordinati per realizzarla in così poche ore…)

Pietro: Non è propriamente MMEP ad essere nato alla GGJ2012, ma piuttosto il prototipo di una delle meccaniche di base di MMEP, che allora chiamammo semplicemente MirrorMoon. L’idea è nata dal tema della jam, cioè l’Uroboro, il serpente che si morde la coda.

Da lì abbiamo approfondito il tema della prospettiva personale del ciclo della vita, cioè il modo in cui questo ciclo non è apparente al singolo individuo all’interno della sua percezione personale. Nicolò ha avuto l’idea di rappresentare un cammino percepito come lineare in prima persona, ma che fosse in realtà circolare da un punto di vista esterno.

Nicolò: Nel nostro team (ed ancora più nelle game jam) il processo creativo è spesso un processo condiviso. Difficile attribuire la paternità di un’idea. Tutto si rimescola e si rielabora continuamente. Inizialmente, durante la GGJ, avevamo iniziato a lavorare con due diverse camere di gioco affiancate l’una all’altra.

La prima in “prima persona” e la seconda in “terza persona”. Ben presto, però, ci è sembrato evidente che le due rappresentazioni dovevano coesistere nella stessa rappresentazione di gioco e sperimentando è nata una delle meccaniche base del gioco; il rapporto tra giocatore, pianeta e pianeta-luna. Diverse rappresentazioni dello stesso oggetto che coesistono in un unica “inquadratura”.

Softonic: La prima volta che ho giocato a MMEP non sapevo cosa fare. Non avevo la minima idea di come usare l’arma, come pilotare l’astronave e dove fossi. Nonostante avessi le mappe stellari ho avvertito una sensazione di smarrimento. È questo quello che cercate di trasmettere ai giocatori?

Pietro: Sì, anche se questo non è il messaggio, ma il segno che lo veicola. Vogliamo che i giocatori si facciano delle domande sulla funzione e il significato degli elementi di MMEP e che costruiscano una narrazione propria.

Nicolò: Questa è una delle cose su cui abbiamo lavorato molto per la versione EP post GGJ. La questione esplorativa era diventata fondamentale per noi e così decidemmo di espandere il concetto di esplorazione a tutte le componenti di gioco. MMEP ci coinvolge così in un percorso di riattribuzione del significato. Cos’è questo bottone? Che cosa mi comunica? Io cosa penso che faccia?.

Ci piace dire che MMEP è un gioco fatto di suggerimenti più che di informazioni certe. Quello spazio vuoto che è stato lasciato tra un pezzetto di informazione e l’altro è li perché venga riempito in maniera autonoma da ogni giocatore.

Softonic: Giocando a MMEP mi rendo conto che non sto solo viaggiando nello spazio e nel futuro, ma che sto tornando indietro nel tempo fino ai giorni della mia infanzia. Il design lowpoly mi ha fatto pensare alle giornate passate giocando su Amiga a Carrier CoMMEPand, Archipelagos o Space Max. Quali sono (se ce ne sono) i giochi del passato che hanno influenzato maggiormente MMEP?

Pietro: Principalmente uno, NOCTIS IV, di Alessandro Ghignola. Noctis è un simulatore di esplorazione spaziale puramente esplorativo. I punti in comune con MMEP sono evidenti, consiglio a tutti di provarlo.

Nicolò: Senza dubbio. Se c’è un gioco che ha influenzato MMEP è Noctis IV.

Softonic: Si è discusso a lungo sul concetto di familiarità nei giochi in relazione al successo commerciale di un prodotto videoludico: non conta che il gioco sia facile o difficile da padroneggiare, conta che risulti familiare al giocatore. Ho riflettuto su questo concetto in relazione a MMEP.

MMEP inizia con l’astronave che si accende nel buio. La luce del monitor illumina un floppy, una cartuccia, le leve e i pulsanti presenti nell’abitacolo… Queste componenti richiamano l’immaginario legato all’epoca “analogica” dei videogiochi e risultano decisamente familiari ai giocatori più anziani. Allo stesso tempo non sono nuove agli appassionati di cinema sci-fi in generale.

Non si tratta di una semplice citazione o di un esercizio di stile. La sensazione che ho è che abbiate usato certi colori e certe componenti nell’abitacolo per costruire l’immagine di un’astronave più familiare, in cui ogni azione si fa tangibile, credibile e acquisisce un senso personale per il giocatore. Cosa ne pensate di questa interpretazione? Avete ideato l’abitacolo pensando in questo o c’è di più?

Pietro: Sì, questa è una buona osservazione. Si tratta propriamente di un compromesso, da un lato non c’è una spiegazione esplicita del funzionamento, ma dall’altra usiamo elementi familiari per suggerire un uso o una interazione.

In generale, il design di MMEP è basato sul concetto di offuscamento e sul design inverso di forma e funzionalità. In pratica, partiamo da una forma e le attribuiamo funzione in base a quello che ci ispira, in modo che la forma non sia esplicita e il suo funzionamento non sia oggettivo. Allo stesso tempo, bilanciamo la difficoltà in modo da favorire la sensazione di scoperta e contemporaneamente prevenire l’abbandono del gioco per frustrazione.

Nicolò: È particolarmente difficile creare un’interfaccia di gioco che sia abbastanza aliena da risultare straniante, ma allo stesso tempo in grado di generare delle sequenze memorabili così che, una volte scoperte, si fissino nella mente del giocatore.

Softonic: MMEP è un gioco colto. È evidente che dietro questo lavoro c’è una lunga e profonda indagine, oltre alla passione. Chi ama il cinema noterà analogie con l’astronave di Alien o di 2001: Odissea nello Spazio. Personalmente l’atmosfera mi ha fatto pensare alla solitudine di Moon, mentre certe scelte cromatiche mi ricordano i lavori di Roger Dean. Quali sono le opere (film, libri, arte) che hanno ispirato il vostro lavoro e questo meraviglioso minimalismo?

Nicolò: Le influenze sono molto diverse e a volte non sono nemmeno coscienti credo. Sicuramente il lavoro di Jean Giraud in arte Moebius è parte del nostro bagaglio culturale. Ma anche i disegni e i modellini dell’architetto Lebbeus Woods sono diventati fonte di ispirazione per MMEP. Così come è stato fonte di ispirazione il già citato Alien (1979) di Scott, il lavoro del compositore Vangelis in Blade Runner (1982), fino ad arrivare a Stalker (1979) di Tarkovsky. In letteratura, invece, il lavoro di Stanislaw Lem è stato importante. Ha posto le basi di quella fanstascienza a su cui poggia MMEP, molto lontana dallo “sci-fi” Americano del cowboy nello spazio.

Softonic: Non ci sono tutorial, non c’è una narrazione convenzionale e tra un pianeta e l’altro ci sono lunghi viaggi, il che significa lunghe attese. Pensate che MMEP sia un gioco adatto a tutti parlando di difficoltà? In generale che opinione avete della difficoltà nei giochi contemporanei?

Pietro: Assolutamente no. MMEP non è difficile, ma chiaramente non è adatto a tutti. Richiede pazienza e anche creatività, perché il contributo richiesto al giocatore è grande, sia in termini di interazione e desiderio di comprendere l’interazione, sia in termini di storia e di dare un’interpretazione al mondo di MMEP.

Raramente penso ai giochi in termini di difficoltà, perché secondo me i giochi basati sulla sfida sono un genere, non un paradigma. Detesto giochi che limitano la libertà del giocatore con una sfida, quando questa non è il tema centrale del gioco.

Softonic: Negli ultimi giorni sto provando Destiny. Non sono un fan di questo genere di giochi ma bisogna riconoscere che la grafica e il mix di FPS e MMO può risultare accattivante per molti videogiocatori.

I giochi di fantascienza continuano a proporre mitragliatrici e lanciarazzi nella maggior parte dei casi e trascurano dettagli giganteschi. Un esempio? In Destiny c’è un pianeta all’interno di un altro pianeta, ma nessun cambiamento nelle leggi della fisica nel paesaggio circostante. Il videogiocatore è ancora legato all’azione più che all’esplorazione e alla credibilità del mondo in cui si muove.

Esiste un modo secondo voi per attirare l’attenzione del grande pubblico verso tipi di giochi differenti?

Pietro: Sì, penso che il modo sia parlare di temi che interessano al grande pubblico. La maggior parte dei giochi oggi si riferisce a sotto culture oppure ha un approccio completamente aculturale. I giochi aculturali sono quelli che raggiungono il grande pubblico per ora, ma penso che qualunque gioco che non parli di mostri, draghi e battaglie potrebbe avere qualche speranza.

Softonic: I suoni di Michael Manning e la colonna sonora rivestono un ruolo determinante nel gioco. La soundtrack è stata realizzata da 7 artisti diversi in totale libertà. Potete spiegarci la ragione di questa scelta e come si gestisce una collaborazione di questo tipo?

Nicolò: Michael ha fatto un gran lavoro, specialmente nel dare “fisicità” all’interfaccia campionando suoni da componenti meccaniche reali che ha cercato e selezionato per le varie componenti. La colonna sonora è stato invece un lavoro diverso, ma non è stato particolarmente complicato da gestire.

Volevamo avere una certa diversità e per questo abbiamo deciso di dividere il lavoro tra più artisti, lasciando libertà sull’interpretazione dei vari scenari presenti sui mondi di MMEP. Poi noi ci siamo assicurati che venissero rispettate delle semplici linee guida, così da avere sempre dei punti in comune anche nella diversità. Ad esempio siamo stati molto espliciti sul fatto che le musiche non potevano includere suoni organici o che ricordassero esseri viventi.

Softonic: Ho letto che girate il mondo e lavorate da ovunque. Vi chiedo quali sono le principali differenze tra la situazione dello sviluppo in Italia e nel resto dei paesi che avete visitato.

Pietro: Troppe da elencare, quella principale è la mancanza di una cultura diversificata in Italia, dove fanno videogiochi solo un certo tipo di persone.

Softonic: L’IGF vi ha aperto le porte di Steam. Non è stato altrettanto facile con Fotonica (complimenti per la conversione per iOS). Quali sono i pregi e i difetti della piattaforma sviluppata da Valve?

Nicolò: Che lo si voglia o no, ad oggi, la piattaforma di Valve è ancora un mezzo fondamentale per raggiungere un pubblico più vasto come studio indipendente. Le altre vetrine di spicco sono il PlayStation Network e per ultimo, ma molto più concorrenziale, c’è l’AppStore. Il grande pregio di Steam è una community molto attiva e vocale.

Questo è stato ottimo per MMEP perché puntavamo ad avere una comunicazione tra i giocatori che stavano esplorando la stessa galassia. Volevamo che si parlassero, che condividessero le loro scoperte e le loro interpretazioni. I forum di Steam, anche con la possibilità di scattare immagini di gioco e condividerle, non solo hanno semplificato il tutto ma direi che hanno addirittura stimolato molto questo dialogo.

Softonic: A cosa non potete proprio rinunciare mentre siete al lavoro su un gioco? Un tool, una musica, un elemento concreto.

Pietro: Tecnicamente, sicuramente a Unity perché ci permette di lavorare senza le competenze tecniche che sarebbero altrimenti necessarie.

Nicolò: Dopo due anni di collaborazione non so se possiamo fare a meno di Paolo Tajé. Se non ci fosse sarebbe terribile; non ci voglio neanche pensare!

Softonic: Sviluppare giochi è un sogno ma non è facile. Voi siete un punto di riferimento per molti nuovi sviluppatori italiani. Avete qualche dritta per chi sta iniziando?

Pietro: Il mio consiglio è di avere prima di tutto qualcosa da dire. Il mondo non ha bisogno di un altro platform 2D, e il mercato comincia a riflettere questa situazione. Chi sta iniziando deve avere delle motivazioni forti. “Mi piacciono i videogame” è una motivazione per scegliere questo linguaggio, ma non è un tema, di per sé. Se non si ha nulla da dire non bisognerebbe scegliere un lavoro creativo ma sottopagato come questo.

Nicolò: Fare progetti piccoli e concentrarsi sulle cose che sembrano ovvie. Creare tanti prototipi e buttarne via ancora di più. Spesso le cose interessanti si nascondono nelle cose che diamo per scontate, ed invece è li che dobbiamo scavare.

Quel punto in cui si incrociano gli universi

Santa Ragione realizza qualcosa che va oltre il gioco. MirrorMoon EP è quel punto preciso in cui arte, scienza e alchimia si incontrano e convergono in un videogame. MirrorMoon EP è un inno al sapere e alla conoscenza nell’accezione più profonda del termine.

Non riesco a pensare una maniera migliore per dipingere decenni di letteratura, di cinema Sci-Fi e di arte in una sola opera. Santa Ragione ci riesce focalizzandosi su quello che un gioco di fantascienza dovrebbe essere: amore per la scoperta.

Un concetto semplice che in MirrorMoon EP si sviluppa in maniera credibile e tangibile tanto da riuscire a traghettare il giocatore con successo in un gameplay ignoto. Le mappe stellari, i lunghi viaggi, tutto fa parte di un processo di cambiamento che coinvolge la visione personale del giocatore su un intero genere videoludico.

Forse non tutti sono pronti per questo tipo di esperienza, per valutarne i pregi, ma riconoscerete per lo meno la bellezza del messaggio. MirrorMoon EP invita a riflettere con senno e classe, veicolando al giocatore una vera innovazione e una diversa maniera di comunicare. Non dimentichiamo che tutto questo avviene nel medium più difficile da gestire e promuovere: il videogioco.

Leggi l’intera serie:

I 10 migliori giochi Made in Italy: Dengen Chronicles [Episodio 1]

I 10 migliori giochi Made in Italy: Woodle Tree [Episodio 2]

I 10 migliori giochi Made in Italy: Lost Yeti [Episodio 3]

I 10 migliori giochi Made in Italy: Goscurry [Episodio 4]

I 10 migliori giochi Made in Italy: OverVolt [Episodio 5]

I 10 migliori giochi Made in Italy: UFHO2 [Episodio 6]

I 10 migliori giochi Made in Italy: Assetto Corsa [Episodio 7]

I 10 migliori giochi Made in Italy: Futuridium EP [Episodio 8]

I 10 migliori giochi Made in Italy: The Waste Land [Episodio 9]

I 10 migliori giochi Made in Italy: MirrorMoon EP [Episodio 10]

Marco Albano

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